5 PASSI VERSO LA LIBERTÀ

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5 PASSI VERSO LA LIBERTÀ

Ti senti mai irrequieto e agitato con la sensazione di non riuscire a fare, o essere, tutto ciò che vorresti? Hai mai l’impressione di essere prigioniero della tua stessa vita o del poco tempo a disposizione? Hai mai provato sensi di colpa, rimorsi o sensazioni di pesantezza sul cuore, ripensando a situazioni del passato? Se hai risposto sì almeno a una di queste domande, vuol dire che anche a te è mancata la libertà in alcune situazioni. Ma essere liberi, dipende veramente solo dalle situazioni a noi esterne?

LA LIBERTÀ È DAVVERO SOLO UNA QUESTIONE ESTERNA?

Quando chiesero al Dalai Lama se provasse odio verso i cinesi, lui rispose: «Si sono già presi la mia terra e i miei templi, perché dovrei permettere loro di prendersi anche la mia pace?».

Spesso crediamo che la nostra libertà dipenda dalle circostanze che ci troviamo a vivere. Anche se siamo cittadini liberi, pensiamo che se avessimo più soldi, più tempo, più aiuti, meno problemi saremmo molto più liberi. La libertà si trasforma in un traguardo da raggiungere, che ci porterà alla felicità in cui potremo finalmente godere di tutte le nostre fatiche.

Ci mettiamo d’impegno per dirigerci il più velocemente possibile verso quel traguardo, salvo poi scoprire che qualche folletto dispettoso continua a spostarlo un metro più in là, costringendoci a ripartire pochi istanti dopo l’arrivo. Pensavamo che se avessimo avuto più tempo, allora finalmente saremmo stati più liberi e invece ci sentiamo ancora incompleti e insoddisfatti…

La nostra vita è fatta di continue corse verso traguardi che non riescono a soddisfarci in modo duraturo e soprattutto a darci la libertà che avevamo tanto sognato.

Finché faremo dipendere la nostra libertà da circostanze, persone e oggetti esterni, non potremo mai sperimentarla realmente. Sperimenteremo la voglia di essere liberi, ma non lo stato interiore di una persona libera. Non per niente il Buddha impiegò milioni di vite per arrivare a capire che la libertà non è mai una questione esteriore, ma dipende sempre dalla condizione della nostra mente.

Prova a chiudere gli occhi per qualche istante e ripensare a un momento della tua vita in cui ti sei sentito libero. Cosa sentivi? Com’era la tua mente in quel momento? Dove erano i tuoi pensieri?

Con questo piccolo esercizio avrai potuto notare come sicuramente il contesto aiuti, ma la parte predominante si trovi dentro di te. Ci sono persone che vivono in luoghi meravigliosi, hanno belle famiglie, tanti averi eppure si disperano come tigri in gabbia. Ciò che rende la sensazione di libertà intensa e appagante è lo stato mentale su cui è sintonizzata la nostra mente in quel momento.

Essere liberi significa essere a nostro agio in nostra compagnia senza bisogno di persone, oggetti o stimoli esterni di alcun tipo. La libertà è un bene inalienabile che ci appartiene dalla nascita e di cui siamo gli unici responsabili. Se ci sentiamo costretti o prigionieri significa che la nostra mente ha costruito una prigione attorno al nostro cuore che ci impedisce di vedere la realtà per quella che è, facendoci soffrire come gli animali infelici di uno zoo.

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I NOSTRI DUE PRINCIPALI CARCERIERI

A volte pensiamo che il fatto di avere un lavoro, una bella casa, una famiglia e degli amici siano le condizioni favorevoli ad avere una vita ricca, soddisfacente e libera. Certo, sono importanti, ma non bastano a darci quella libertà cui tanto aneliamo perché quella libertà può crearsi solo nella nostra mente.

Talvolta la mancanza di libertà è mascherata da un senso di noia, o di velato disgusto per le situazioni che siamo costretti a vivere tutti i giorni. Attribuiamo il nostro malessere ai comportamenti altrui e non riusciamo a vedere che in realtà ciò che ci manca è la libertà interiore dalle emozioni afflittive.

Riconoscere gli stati mentali di cui siamo prigionieri ci aiuta a comprendere che possiamo fare qualcosa per liberarcene. Due stati in particolare sono responsabili della nostra sofferenza: desiderio e rabbia.

Il desiderio nasce dalla convinzione erronea che raggiungendo ciò che vogliamo potremo finalmente essere soddisfatti. Nulla di più lontano dalla realtà! La soddisfazione del desiderio è solo un’illusione perché in realtà porta solo al desiderio di qualcosa di ancora più grande. È difficile riconoscere il desiderio come un difetto mentale perché in realtà spesso pensiamo che sia la strada che porta alla felicità e alla soddisfazione, quindi qualcosa di positivo per noi.

Tutti noi sappiamo che non è sano provare un desiderio forte per oggetti materiali, ma molti affermano che è una cosa positiva provare attaccamento a persone nelle relazioni, perché significa amarle. In realtà il desiderio uccide l’amore, perché lo incatena. Il desiderio è sempre focalizzato su di noi e si preoccupa delle nostre necessità, della nostra felicità. L’amore invece è un sentimento altruistico, interessato al benessere e alla felicità dell’altra persona. Molte volte le nostre relazioni hanno questa caratteristica di attaccamento, perché da soli ci sentiamo insicuri, non completi o non all’altezza. Quando però tutto il rapporto si basa sull’attaccamento, cominciano a sorgere problemi. Diventiamo dipendenti dalle sensazioni piacevoli che il rapporto ci dà e ci sentiamo confortati dall’idea di stare insieme ad altri. Questo però genera delusione, gelosia, invidia, conflitti e non potrà mai aprire il campo all’amore, perché non esiste alcun tipo di libertà. Il desiderio uccide la libertà e provoca una grande inquietudine, che nasce dalla consapevolezza che tutto è transitorio e per quanto ci affanniamo a imprigionare persone e situazioni, non potremo mai legarle a noi per sempre.

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Quando il desiderio viene frustrato, sorge la rabbia. Ci sono varie intensità di rabbia che vanno dal fastidio per come uno deglutisce, all’odio feroce che può portare anche a un assassinio. La collera è l’opposto dell’amore, della compassione e della pazienza. Nasce da un difetto mentale che ci porta a credere che ferendo gli altri (e noi stessi) potremo affermare le nostre ragioni e quindi trovare la pace.

Se avete provato a essere preda di un attacco di collera, vi sarete sicuramente resi conto che è una delle più feroci prigioni in cui rinchiudersi. Il nostro corpo si tende, il cuore batte all’impazzata, il calore si diffonde ovunque e il respiro si blocca. Perdiamo lucidità e diventiamo nervosi e sofferenti come elefanti al giogo. La rabbia a volte può essere subdola e non farsi riconoscere. A volte le persone non riconoscono nemmeno con sé stesse di essere preda di rabbia affermando che la situazione non li tange, altre non riconoscono che la loro rabbia è un errore. Si sentono nel giusto e in tal modo la legittimano.

Senza voler entrare in merito alla questione, che richiederebbe un intero articolo, possiamo riconoscere come anche se siamo convinti di avere ragione, la nostra rabbia non danneggia la persona o la situazione verso cui la proviamo ma noi stessi. La collera ci incatena impedendoci di essere liberi e felici.

COME POSSIAMO TORNARE LIBERI?

Chiunque può riacquistare la propria libertà in qualsiasi momento. Non esiste alcun tipo di ostacolo che possa impedirci d’essere liberi, nemmeno la peggiore delle malattie o la morte stessa. Il potere è rinchiuso nel nostro atteggiamento e nella perseveranza con cui vogliamo percorrere questo cammino.

Purtroppo la libertà non si può acquistare in farmacia, né da uno spacciatore, tanto meno dai nostri amici, mentori, maestri o psicologi. Alcune di queste figure possono sicuramente esserci d’aiuto e rappresentare un valido riferimento quando il cammino si fa troppo irto, ma gli unici in grado di ritrovare le chiavi della nostra cella siamo noi. Ecco i 5 punti per sviluppare maggiore libertà interiore:

Prendere coscienza del nostro stato di prigionieri e di quanto la nostra mente e i nostri pensieri ci privino di libertà.

Formulare l’intenzione di perseguire la nostra libertà interiore nonostante la situazione in cui ci troviamo e le paure che ci fanno pensare di non esserne degni, o capaci. Formulare un’intenzione è un atto molto potente. Molti maestri ci hanno dimostrato che focalizzare la mente con grande attenzione e costanza su un unico obiettivo, lo rende realizzabile anche all’istante. Sfortunatamente, la maggior parte di noi non ha la concentrazione tipica di un monaco (o laico) che ha dedicato la sua vita alla contemplazione, ma possiamo inclinare la mente giorno dopo giorno, diventandone i padroni anziché i sudditi. L’intenzione va formulata prima di ogni pratica: “Possa io essere libera/o da rancore, desiderio e da tutte le emozioni afflittive per il mio beneficio e per quello di tutti gli esseri.”

Rafforzare l’intenzione della pratica con alcune intenzioni per la nostra giornata. Tutte le mattine, appena svegli, possiamo prenderci questo impegno (ripetendo mentalmente questa frase): “Grazie per questa giornata che mi è stata donata. Mi assumo la responsabilità di ogni mio stato d’animo e mi impegno a perseguire la mia libertà mentale da emozioni afflittive e distruttive.”

Ogni volta in cui ci accorgiamo di essere finiti nella spirale del desiderio o della rabbia, proviamo a fare un passo indietro (figurato ma anche concreto nel caso per esempio in cui ci trovassimo in una situazione che ci provoca grande rabbia) e a ripetere “Sono libero/a da ogni vincolo di rabbia, desiderio e paura. Lascio andare tutto ciò che mi danneggia e non mi è utile. Lascio andare.”. All’inizio può non essere facile. Non sempre siamo abbastanza lucidi da riuscire a comprendere che ci stiamo imprigionando (penso per esempio all’eccitazione di una persona che si innamora di qualcuno e tradisce il proprio partner. Questa persona probabilmente avvertirà sensi di colpa, o magari una lieve inquietudine, ma legittimerà le proprie azioni in nome dell’amore. Pensando si tratti di amore, non si renderà conto della prigione in cui si sta calando e della sofferenza che sta generando dentro e attorno a sé.). Altre volte ne siamo perfettamente consapevoli ma l’idea di uscire dalla prigione ci spaventa a tal punto da non riuscire nemmeno a pensarci. Va bene così! Arriverà un momento in cui saremo pronti. Il lasciare andare non va mai forzato, può solo essere facilitato.

Praticare la meditazione sul lasciare andare. Qualsiasi pratica è in grado di farci tornare alla nostra libertà primaria, ma se abbiamo particolare bisogno di lavorare su questo possiamo usare la meditazione specifica sul lasciare andare.

Possiamo cominciare la pratica con un piccolo momento di centratura sul respiro. Focalizziamoci sul respiro nel ventre e osserviamolo senza modificarlo, o controllarlo. Quando ci sentiamo abbastanza quieti, richiamiamo alla mente le storie, le emozioni, le persone o i sentimenti che è il momento di lasciare andare. Mentre li osserviamo, diamo loro un nome: tradimento, gelosia, paura, ansia… Sentiamo l’infelicità che sorge dal trattenere queste emozioni. Domandiamoci: “Devo continuare a ripetere questa storia? Devo restare attaccato a questa perdita? Mi sono utili questi sentimenti?” Chiediamo al nostro cuore se è pronto a lasciare andare. Sperimentiamo l’agio che deriva dall’aver lasciato andare e cominciamo a ripetere: “Lascia andare, lascia andare…” Percepiamo lo spazio che si crea dopo aver lasciato andare e la libertà che ne sorge.

Sediamo in pace e notiamo se quel sentimento si ripresenta. Potrebbe tornare, allora con delicatezza accogliamolo e poi ripetiamo: “Ti ho lasciato andare…”.

Non sempre è facile lasciare andare. Talvolta si ha bisogno di molto tempo. Pazienza, fiducia e gentilezza verso noi stessi e i nostri limiti sono fondamentali.

Trovate la traccia guidata qui.

Spero che questi consigli vi siano stati utili. Buona pratica!

Bibliografia:

Kathleen Mc Donald, Come meditare, Chiara Luce Edizioni, 2013

Jack Kornfield, Il cuore saggio, una guida agli insegnamenti universali della psicologia buddhista, Corbaccio, 2014

Ronald Siegel, Qui e ora, Erickson, 2012

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