TROVARE LA PACE ATTRAVERSO IL PERDONO
“Perdona gli altri, non perché meritano il perdono, ma perché tu meriti la pace.”
(Buddha)
Ti è mai capitato di provare risentimento per qualcuno o qualcosa e non riuscire a lasciarlo andare, finendo con l’avvelenarti anche il presente? Tranquillo, è una sensazione abbastanza comune. Tutti noi abbiamo piccoli o grandi nodi che ci tengono ancorati al passato impedendoci di essere felici. In questo articolo ti offro alcuni spunti sul processo del perdono e ti insegno una pratica molto potente che ti aiuterà a lasciare andare le zavorre che ti impediscono di essere libero.
Tutti noi abbiamo tradito, o ferito e subito torti, o ingiurie da altri. Fa parte della complessità del mondo in cui viviamo e anche se queste azioni a volte non vengono fatte in modo consapevole, l’avversione che provocano ci resta attaccata come uno zaino stracolmo di pietre. Il passato ci segue nel presente, chiudendo il nostro cuore e impedendoci di vedere la realtà che ci circonda. Trincerati nel dolore e nel risentimento costruiamo nella nostra mente un tribunale immaginario in cui ci sfoghiamo contro l’autore del misfatto, elencandogli tutto ciò che ci ha fatto, senza però dargli mai l’opportunità di difendersi. Il problema allora spesso si ingigantisce e il nostro senso di essere nel giusto si gonfia. Questo ci dà un sollievo temporaneo, ma a lungo andare ci provoca ancora più sofferenza. In realtà ci sentiamo pesanti, insofferenti e spenti. Siamo prigionieri della nostra rabbia e a volte nemmeno ce ne rendiamo conto. Il perdono, quando arriva, arriva come un sollievo ma perché possa sorgere non dev’essere mai forzato. Perdonare non è un obbligo, ma una via d’uscita dalla sofferenza. E questa via presuppone molto coraggio perché significa riconoscere e contattare il dolore che stiamo ancora provando.
C’è una storia che mi piace molto sul perdono. Due ex prigionieri si incontrano alla fine della guerra. Il primo chiede: «Hai già perdonato chi ti ha catturato?»
«Mai!» Risponde l’altro.
«Bene, allora ti tiene ancora prigioniero.»
Il perdono non va mai forzato ma sorge da solo quando ci sono le cause e le condizioni perché possa avvenire. Noi possiamo piantare il semino del perdono, cioè dell’amore, poi dobbiamo prendercene cura e continuare a praticarlo fino a quando germoglierà. La psicologia buddista offre molti insegnamenti e pratiche per la redenzione e lo sviluppo del perdono. L’ingrediente fondamentale è sempre la pazienza. Il perdono infatti sorge al di là del nostro controllo e della nostra volontà. Non è attraverso uno sforzo che si può realizzare, ma attraverso il lasciare andare, cioè l’apertura.
IL PERDONO NON È UN DOVERE MA UN PIACERE
Nella mia storia, il perdono riveste un grande ruolo. Ho passato gran parte della mia vita a essere arrabbiata con mia madre. Una volta andai a una conferenza di N.D.Walsch in cui lui chiese alle persone in sala di sollevare la mano se non avevano perdonato qualcuno. Io la alzai subito, salvo accorgermi un nanosecondo più tardi di essere l’unica, su 400 persone, con la mano alzata. Walsch mi invitò a salire sul palco, dove gli spiegai di provare rancore verso mia madre per come mi aveva trattata da piccola. Lui allora mi raccontò una storia molto commovente sulle nostre anime e sul disegno che sottostava le nostre incomprensioni e io piansi molto. Purtroppo, però, non cambiò nulla.
Continuai a praticare la meditazione e a provare a perdonarla in tutti i modi, finché mi accorsi che in realtà la mia rabbia era doppia: quella che rivolgevo verso di lei e quella che provavo per me stessa, così crudele da non riuscire a perdonarla. Così lasciai andare con un bel respiro il bisogno di perdonarla e cominciai a offrire perdono a me stessa. Passarono alcuni anni, nel corso dei quali mi feci sempre più quieta e sempre più leggera, finché, durante un ritiro di metta, mi apparve mia madre e vidi con chiarezza una sua qualità molto spiccata: la generosità. Restai ancorata a questa sua qualità, sempre più stupita nel constatare quanto fosse nobile e profonda e il mio cuore all’improvviso si aprì. Non stavo più pensando alla necessità di perdonarla e all’improvviso la rabbia nei suoi confronti era svanita. Allora riuscii a vedere quanta sofferenza ci fosse in lei e compresi molte cose che prima non avevo visto. Provai una profonda compassione e mi sentii connessa e grata di averla come madre.
COSA ACCADE QUANDO PERDONIAMO
Praticando il perdono attraversiamo strati di dolore, ira, pena, sofferenza, confusione e se ci permettiamo di sentire il dolore che abbiamo dentro, il perdono arriva come un sollievo, una liberazione. Per perdonare dobbiamo prima prendere contatto con quel nucleo fragile e morbido che è il nostro dolore e poi porre l’intenzione di dissolverlo nel cuore.
Allora il nostro corpo si alleggerisce e all’improvviso torniamo a gioire del momento presente. Riusciamo a vedere la realtà senza il filtro della rabbia e questo ci rende pacati, forti, liberi.
Ajahn Brahm insegna a praticare il perdono positivo attraverso una metafora: “Se in un giardino si innaffiano solo le erbacce, questo equivale a coltivare i problemi; se ci si astiene dall’innaffiare tutto il giardino, questo equivale praticare solo il perdono; mentre il fatto di innaffiare solo i fiori e non le erbacce simboleggia il perdono positivo.”. Il perdono positivo unisce il processo del lasciare andare il proprio rancore all’esaltazione delle buone qualità della persona in questione. Questo tipo di perdono porta a una gioia e una serenità davvero profonde e non trasforma solo la persona che compie l’atto di perdonare, ma anche quella che è stata perdonata.
MEDITAZIONE SUL PERDONO
Qui ti presento una pratica di meditazione sul perdono che puoi fare per lasciare andare tutto ciò che non ti serve per essere felice. Qui trovi anche la traccia audio guidata.
Trova una posizione comoda con la schiena eretta ma non rigida e chiudi gli occhi. Focalizza la tua attenzione nella zona del cuore seguendo il respiro. Ora prova a sentire tutte le barriere che hai eretto, le emozioni che ti sei portato dentro per non aver perdonato. Osserva tutto questo con gentilezza mentre respiri quieto, quindi comincia a ripetere queste frasi:
«Per tutto il male che ho fatto agli altri, consciamente e inconsciamente, io chiedo perdono». Permettiti di vedere i modi in cui hai ferito gli altri, percepisci il dolore che hai causato, senti il tuo stesso dolore e dispiacere. Senti che finalmente puoi lasciare andare tutto questo. Puoi visualizzare i ricordi che ancora ti appesantiscono e dire a ogni persona: «Ti chiedo perdono.».
«Per tutto il male che mi sono fatto, consciamente o inconsciamente, io mi offro perdono.» Osserva i modi in cui ti sei fatto del male e percepisci il dolore che te n’è venuto. Senti che puoi lasciare andare quei pesi e perdonati per ognuno di essi, uno a uno.
«Per tutto il male che gli altri mi hanno arrecato, consciamente o inconsciamente, io offro perdono.» Osserva e ricorda tutti i modi in cui ti hanno ferito, senti il dolore che ti sei portato dietro da quel passato e lascia andare quel peso. Puoi ora ripetere: «Mi sono portato nel cuore questo dolore troppo a lungo. Per quanto sono pronto a farlo, ti offro il mio perdono.»
Continua la pratica con gentilezza. Per alcuni grandi dolori non è possibile sentire il sollievo ma solo il peso dell’angoscia e della rabbia. Osservali con gentilezza, accogli il fatto di non essere ancora pronto a lasciare andare. Va benissimo così! Il perdono non può essere forzato, continua semplicemente la pratica e lascia che le parole e le immagini lavorino a modo loro dentro di te.
Bibliografia
Jack Kornfield, Il cuore saggio, Una guida agli insegnamenti universali della psicologia buddhista, Corbaccio, 2014
Ajahn Brahm, Apri il tuo cuore alla felicità, Storie edificanti sulla felicità secondo la visione del Buddha, Armenia, 2010
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