ESSERE RESILIENTI IN UN MONDO CHE CAMBIA
La resilienza è la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi. Il grande Lao Tzu espresse in modo semplice e profondo il modo in cui sviluppare questa qualità quando disse: “Impara a scrivere le tue ferite sulla sabbia e a incidere le tue gioie nella pietra”. Ma cosa ci può aiutare nel concreto a essere più resilienti? È una qualità che ci viene fornita alla nascita o che dobbiamo conquistare durante la vita? Una capacità interiore o che ci deriva da altre persone e dalla buona sorte?
COSA SIGNIFICA RESILIENZA
Il termine resilienza deriva dal latino ‘resilire’, re-salire: saltare indietro, rimbalzare. Indica la capacità di ripristinare un ordine che è stato sconvolto, fronteggiando una situazione traumatica o stressante per ritornare alla condizione di equilibrio psico-fisico precedente l’evento stesso, o in certi casi migliorandolo.
Questa capacità è insita nel genere umano, anche se può essere più o meno sviluppata a seconda di alcuni fattori. Fa parte del corredo genetico fornito alla nascita per la sopravvivenza della specie ed è quell’intuizione e quella capacità proattiva di far fronte alle difficoltà senza restarne schiacciati.
Se guardiamo la nostra vita, possiamo riconoscere come abbiamo tutti affrontato eventi più o meno stressanti e traumatici, come separazioni, lutti, incidenti, calamità naturali eppure in modi diversi siamo riusciti ad adattarci e ritrovare un equilibrio.
Il corpo umano è il primo e più evidente esempio di resilienza. Quando un dolore o un fastidio diventa cronico il corpo si adatta a una nuova postura che permette di dare sollievo e al tempo stesso di continuare a essere efficienti nella vita ordinaria. La schiena si curva, le spalle si chiudono, le anche ruotano: ci sono migliaia di piccoli o grandi aggiustamenti che ogni giorno il corpo fa per garantire la massima efficienza con il minor dolore possibili.
Va da sé che il bagaglio di risorse interiori presenti nell’individuo al momento del trauma favoriscono o meno l’emergere di questa qualità e garantiscono un adattamento più o meno rapido alla nuova condizione.
Proprio perché questa capacità dipende dalle proprie risorse interiori, la resilienza non è un tratto stabile e immodificabile della personalità, ma può diventare un comportamento appreso e può essere migliorata e incrementata ogni giorno.
Ciò che permette questo ‘upgrade’ è l’esperienza diretta e il vissuto che ne scaturisce e soprattutto l’insegnamento che se ne trae.
La resilienza è intimamente legata al concetto di cambiamento e in particolare alla capacità propria di ognuno di accettare o meno il cambiamento che entra nella propria vita.
PENSIERO POSITIVO E RESILIENZA
Se è vero che l’atteggiamento positivo è uno dei fattori che più aiutano nell’affrontare le avversità della vita è anche vero che la resilienza non ha nulla a che vedere con il pensiero positivo cieco proposto da tanta letteratura new age.
La vera resilienza infatti non è un atteggiamento che evita la sofferenza e la nasconde dietro a un pensiero a tutti costi positivo. Se mai proprio il contrario: per sviluppare resilienza è prima necessario entrare in contatto con quel dolore e quindi lasciarlo andare.
Questa per lo meno è la visione più orientale e buddista del concetto di resilienza, che invita a sfruttare le difficoltà come momenti di crescita personale per ripristinare un equilibrio migliore rispetto a quello trovato precedentemente.
Una persona resiliente non è una persona che non soffre, ma una persona che nonostante la sofferenza decide di trovare una soluzione per ritornare alla serenità.
Capita spesso di vivere vite in cui non ci sentiamo appagati, riconosciuti e soddisfatti. Magari abbiamo una bella famiglia, un buon lavoro, una buona base economica eppure abbiamo l’impressione che ci manchi qualcosa. Questa sorta di apatia a volte viene scossa da un evento traumatico, come una separazione, un litigio, un lutto… La sofferenza giunge come il vento di tempesta che ripulisce il cielo dalle nubi eppure il nostro primo istinto è quello di allontanare la tempesta e cercare in tutti i modi di combatterla.
È qui che si potrebbe innestare il pensiero positivo cieco: una sorta di anestesia mentale che ci spinge a evitare quella tempesta, a non volerla vivere, né sentire ma a focalizzare la mente su attività che ci facciano sentire più felici.
Il risultato di questo tipo di evitamento a volte è positivo sul breve periodo. In noi torna la sensazione di poter dominare gli eventi e per qualche tempo l’impressione che tutto sia tornato al proprio posto. Tuttavia, se la tempesta non ha la possibilità di scaricarsi del tutto, il cielo non può tornare limpido. Ecco allora che alla difficoltà successiva, di nuovo ci ritroviamo spauriti e disperati ad affrontare una tempesta ancora più grande.
Questa non la definirei resilienza ma resistenza. La resilienza ci aiuta a stare con il dolore per trovare nel dolore stesso gli strumenti e le risorse per fare un passo oltre e creare un cielo pulito e terso. La resilienza quindi è anche il coraggio di affrontare le difficoltà della vita (sicuramente con un atteggiamento positivo) senza respingerle, nonché la capacità di accogliere il cambiamento che queste difficoltà necessariamente portano con sé.
Ogni difficoltà infatti ci indica il punto su cui dobbiamo lavorare e in particolare il punto in cui dobbiamo esercitare la nostra capacità di lasciare andare (il controllo, il bisogno di sistemare subito le cose, il desiderio che tutto sia come vogliamo noi, le emozioni afflittive, le convinzioni limitanti…) e fluire insieme alla vita e ai suoi cambiamenti.
LE QUALITÀ CHE FAVORISCONO LO SVILUPPO DELLA RESILIENZA
Come abbiamo detto, possiamo tutti imparare a essere resilienti perché la capacità di adattamento fa parte del nostro corredo genetico. Questo non significa che tutti svilupperemo le stesse capacità e con la stessa facilità, perché le condizioni di partenza, cioè l’ambiente famigliare e sociale in cui siamo cresciuti, giocano un ruolo importante.
Aver ricevuto cure e attenzione, essere cresciuti in una famiglia unita, aver imparato ad avere fiducia nella vita e in sé stessi sono certo fattori importanti e tuttavia non determinanti. Ciò che è determinante è la nostra volontà di essere parte attiva nel processo (e non vittime del destino!), la consapevolezza e l’impegno che mettiamo e la predisposizione ad accettare i cambiamenti anziché viverli come traumatici.
Il primo fondamentale punto è comprendere che non abbiamo alcun potere sugli eventi ma solo sulla nostra reazione agli stessi. L’essenza di ogni fenomeno è impermanente. Ciò significa che nella vita tutto cambia in ogni istante. Più riusciamo ad accettare questa verità, prima potremo sviluppare capacità di adattamento.
Spesso questo movimento ci causa una certa ansia perché sembra sfuggire ogni nostra volontà di controllo. È proprio questo il punto: non è attraverso il controllo sugli eventi che potremo ristabilire un equilibrio, ma attraverso il controllo delle nostre reazioni. In particolare, quando andiamo in avversione rispetto a qualcosa, o quando ci aggrappiamo con foga a una sensazione piacevole perché non vogliamo che finisca, noi ci stiamo opponendo al cambiamento e quindi siamo in una forma di controllo esterno che non ci aiuterà a gestire i nostri traumi. Al contrario, quando entriamo nel campo dell’accettazione, riuscendo ad accogliere tutto ciò che entra nella nostra esperienza senza respingere o trattenere nulla, allora diventiamo resilienti.
Ogni cambiamento porta con sé un insegnamento prezioso. Se riusciamo a viverlo pienamente (per quanto doloroso), il nostro livello di consapevolezza ne risulterà acuito e così il nostro livello di serenità. Un trucco in questo senso è quello di prevedere il cambiamento ed essere il più flessibili possibile già quando gli eventi sembrano andare per il verso giusto. Esercitare il lasciare andare, la capacità di fluire quando tutto va bene, predispone ad accettare il cambiamento più importante quando arriva.
Credere in noi stessi, nelle nostre risorse e nella vita stessa ci dà l’energia necessaria a sviluppare il coraggio di diventare parte attiva della nostra esistenza e non vittime passive degli eventi. Più passi facciamo incontro alle nostre paure, più svilupperemo la sensazione di poterle gestire e affrontare, cioè il coraggio. Finché ci rifiutiamo di uscire dalla nostra zona di comfort il coraggio rimarrà solo un concetto teorico da invidiare ai nostri vicini. Essere coraggiosi non significa non avere paura, ma avanzare nonostante la paura. E il coraggio non ci viene dotato alla nascita ma viene appreso con l’esperienza e rafforzato insieme alla nostra autostima ogni volta in cui riusciamo ad affrontare una paura.
Avere fiducia in noi stessi significa amarci e l’amore è uno degli ingredienti fondamentali nello sviluppo della resilienza. Pensate di dover affrontare un nemico esterno (una perdita o un lutto) con un nemico interno che vi fa la guerra e vi priva di ogni forza. Il nemico interno è il giudizio, l’autocritica, il senso di colpa, tutti quei pensieri di odio o avversione che rivolgiamo verso di noi, i nostri fallimenti e i nostri limiti. Quando il giudizio cade, quando impariamo ad accettarci con i nostri limiti e le nostre qualità, allora possiamo dedicarci totalmente all’esperienza, sostenuti dall’amore e dalla cura verso di noi.
Più ci amiamo e più ci ameranno gli altri. Ultimo (ma non per importanza!) fattore determinante nello sviluppo della resilienza è sentirsi parte di una comunità in cui si è accettati e ben voluti. Poter contare sul sostegno di una rete di amicizie o di famigliari aiuta moltissimo nei momenti di difficoltà. E più riusciamo ad amare noi stessi, più il nostro amore risplenderà, attirando a noi altro amore, benevolenza e fraternità.
CONclusioni
“Per la persona resiliente, qualsiasi sconfitta, anche se genera inevitabilmente della frustrazione, viene vista come un’opportunità per apprendere e migliorare” Pietro Trabucchi
Possa tu trovare il coraggio, la fiducia e la forza per accettare i momenti difficili e trasformarli in opportunità🙏❤
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